Silence is not simply the absence of noises and sounds, silence is something of its own.
Stillness in dance is not simply the absence of movement or waiting until the movement continues,
stillness is something of its own. Steve Paxton called it the Small Dance: the small movements our
body continuously and autonomously does in order to maintain a position, as long as we are not
simply lying flat on the floor – and even then, for example, breathing is the cause of the smallest
movements. If you listen deeply, the Small Dance is something very rich and at the same time
chaotic, meaning improvised and unplanned. To me, the Small Dance is the real source of the big
movements. Already in the Small Dance, mass, gravity, momentum and the autonomous handling of
our body with the situation are central, while I primarily take on an observing and following role. I
see Contact Improvisation as the continuous alternation respectively overlapping of the Small Dance
and the larger, spatial movements, which I sometimes also call the Big Dance. Impatiently waiting for
the dance to finally begin or continue is not really an option – but I know the frustration when my
dance partner is too active and not willing or able to listen so that our two Small Dances can tune in.
The pauses in the music or the silence that appears in a previously noisy jam space is always balm for
my soul – it can open up new inner and outer spaces
Il silenzio non è semplicemente l’assenza di rumori e suoni, ma qualcosa che possiede una qualità propria.
L’immobilità nella danza non è semplicemente l’assenza di movimento o l’attesa che il movimento riprenda;
l’immobilità è qualcosa che ha una natura propria. Steve Paxton l’ha definita la Small Dance: i piccoli movimenti che il nostro corpo compie continuamente e autonomamente per mantenere una posizione, a meno che non siamo completamente distesi sul pavimento – e anche in quel caso, per esempio, la respirazione provoca i movimenti più minimi.Se ascolti profondamente, la Small Dance è qualcosa di molto ricco e allo stesso tempo caotico, nel senso di improvvisato e non pianificato. Per me, la Small Dance è la vera fonte dei grandi movimenti. Già nella Small Dance, massa, gravità, slancio e la gestione autonoma del corpo nella situazione sono elementi centrali, mentre il mio ruolo principale è quello di osservare e seguire.
Vedo la Contact Improvisation come l’alternanza continua, o meglio la sovrapposizione, tra la Small Dance e i movimenti più ampi e spaziali, che a volte chiamo la Big Dance. Aspettare impazientemente che la danza inizi o riprenda non è una vera opzione – ma conosco la frustrazione quando il mio partner di danza è troppo attivo e non disposto o capace di ascoltare, impedendo alle nostre due Small Dance di sintonizzarsi.
Le pause nella musica o il silenzio che emerge in uno spazio di jam precedentemente rumoroso sono sempre un balsamo per la mia anima – possono aprire nuovi spazi interiori ed esteriori.