Verbal exchange shapes our dialogical relationship, giving shape to the silences that intersperse words.
Silence can therefore be considered a relational place in which we are in the absence of clear references and shared meaning. For this, for many people being silent is difficult and creates a sense of disorientation from which they try to get out as quickly as possible.
How? Filling the silence with words.
What depth do these words have, spoken only to remove us from embarrassment or cultural habits?
How deeply are these words embodied before traveling in the air between us, or in the space of the relationship?
This hypothesis can easily be applied to the movement relationship.
Being in the silence of the gesture puts us to the test, as well as the absence of words. But if we can think that movement is shaped by non-movement, then it seems clear how those pauses are essential: not doing opens up space – literally – to doing honest and incarnate.
Just as movement requires emptiness, the word needs silence.
We will ask meditation and silence to teach us to live in the void without fear and without the need to fill everything, immediately.
Lo scambio verbale modella la nostra relazione dialogica, dando una forma ai silenzi che intervallano le parole.
Il silenzio può quindi essere considerato un luogo relazionale in cui siamo in assenza di riferimenti chiari e dal significato condiviso. Per questo, per molte persone, stare in silenzio è difficile e crea un senso di spaesamento da cui si cerca di uscire il più rapidamente possibile.
In che modo? Riempiendo il silenzio di parole.
Quale spessore hanno queste parole, pronunciate solo per toglierci dall’imbarazzo o per consuetudini culturali?
Quanto profondamente queste parole sono incarnate nel nostro corpo, prima di viaggiare nell’aria tra di noi, ovvero nello spazio della relazione?
Questa ipotesi può facilmente essere applicata alla relazione di movimento.
Stare nel silenzio del gesto ci mette alla prova, così come l’assenza di parole. Se però riusciamo a pensare che il movimento è modellato dal non movimento, allora appare chiaro come quelle pause sono imprescindibili: il non fare apre lo spazio – letteralmente – al fare onesto e incarnato.
Così come il movimento necessita il vuoto, la parola necessita silenzio.
Chiederemo alla meditazione e al silenzio di insegnarci ad abitare il vuoto senza paura e senza bisogno di riempire tutto, subito.