“Black. Silence. Dark and quiet, the absence of everything, of lights and sounds. The fascination of emptiness, of nothingness in which one can get lost, regenerate and transform.”
I like to look at silence as a sacred place, which favors inner listening and the perception of self; a place in which to cultivate a practice that prepares the ground from which to begin to relate sensitively to the other and the surrounding world.
Man has always felt the need to recollect himself and enjoy more or less long and intense moments of silence. Unfortunately, our lifestyle allows us less and less to be exposed to this gift of life. Targeted as we are by annoying noises that come from all over (cell phone ringtones, televisions constantly on, messages alerts, horns…) it is often impossible to even notice the benefit of its company. The omnivorous speed of our times consumes and devours everything: images, time, experiences, sensations and intuitions. Giving value to silence teaches us to keep our attention on the “gaps” that surround us and allows us to sharpen the exercise of perception of those details, differences and subtleties that usually escape us because of the speed with which we consume the places.
To carve out spaces in which to take a break from addiction to noise, words and daily activities is therefore, today more than ever, an act of radical importance. With silence sometimes a strong sense of “emptiness” resounds. In the practice of Contact Improvisation there are several dynamics that bring us close to this feeling. Everyone has felt the thrill of emptiness, whenever you let yourself go into space behind us or in the moment of an unexpected fall. Perhaps today, after years of practice of the acceptance of the void, one can also dialogue enjoying those moments, transforming them into research, ecstasy and discovery.
Or we could also think of all those moments when time seems to stretch and distort, and with it our perceptions. In the practice of meditation as well as in dance, we experience a concept of time that is not ordinary, because often in these moments it expands or changes its perception. A moment of oscillation, suspension, or in a vision of our imagination that dilates our feeling, in a sudden touch from the outside that alters our perception of the body, all these moments can end up giving that sensation that generates silence internally, the void, the darkness. Like when we surprise ourselves, or discover something we weren’t aware of, like when we open ourselves up to discovery and a new feeling. Some go into ecstasy for the pleasure of feeling the void, others fear it. Likewise darkness and silence.
These three elements, empty darkness and silence, help us to talk about those phenomena that in our life belong to the world of the unmanifest and whose real potential we do not know. That world in which other elements such as space are placed, an element to which we do not usually pay attention but which is found everywhere around us. Exposing ourselves to these dimensions has an incredible power, it puts us in relation with our senses in an amplified and unusual way allowing us to know other perceptual modes.
In this sense the practice of silence together with the practice of dance have the potential to give us real access to alternative experiences. We amplify the senses and listening and everything in us, and outside of us, comes to life by transforming accordingly. The expression of the self becomes truer, the calm of silence informs our dances that feed on a relaxed and open feeling, listening to every direction. The forces enter and leave with harmony, they pass through us dissipating and cushioning consciously, without finding us collapsed but relaxed and ready to support the unexpected.
“Nero. Silenzio. Buio e quiete, l’assenza di tutto, di luci e di suoni. Il fascino del vuoto, del nulla in cui ci si può perdere, rigenerare e trasformare.”
Mi piace guardare al silenzio come a un luogo sacro, che favorisce l’ascolto interiore e la percezione di sé; un luogo in cui coltivare una pratica che prepara il terreno dal quale iniziare a relazionarsi sensibilmente all’altro e al mondo circostante.
L’uomo ha sempre sentito l’esigenza di raccogliersi in se stesso e godere di momenti più o meno lunghi e intensi di silenzio. Purtroppo il nostro stile di vita ci permette sempre meno di essere esposti a questo regalo della vita. Bersagliati come siamo da rumori molesti che giungono da ogni parte (suonerie del cellulare, televisioni costantemente accese, avvisi di messaggi, clacson…) spesso è impossibile anche notare il beneficio della sua compagnia. La rapidità onnivora dei nostri tempi consuma e divora ogni cosa: immagini, tempo, esperienze, sensazioni e intuizioni.
Dare valore al silenzio ci insegna a mantenere la nostra attenzione sui “vuoti” che ci circondano e ci permette di acuire l’esercizio di percezione di quei dettagli, particolari, differenze e sottigliezze che abitualmente ci sfuggono a causa della rapidità con cui consumiamo i luoghi.
Ritagliarsi degli spazi in cui poter prendere una pausa dalla dipendenza al rumore, alle parole e alle attività quotidiane è quindi, oggi più che mai, un atto di radicale importanza.
Col silenzio a volte risuona forte un senso di “vuoto”. Nella pratica della Contact Improvisation sono diverse le dinamiche che ci portano vicini a questa sensazione. Chiunque ha percepito il brivido del vuoto, ogni volta che ci si lascia andare nello spazio dietro di noi o nel momento di una caduta inaspettata. Magari oggi, a distanza di anni di pratica dell’accettazione del vuoto, ci si riesce anche a dialogare godendo di quei momenti, trasformandoli in ricerca, estasi e scoperta.
O ancora potremmo pensare anche a tutti quei momenti in cui il tempo sembra allungarsi e distorcersi, e con lui le nostre percezioni. Nella pratica della meditazione così come nella danza, facciamo esperienza di un concetto di tempo non ordinario e quotidiano, proprio perché spesso in questi momenti si dilata o cambia la sua percezione. Un momento di oscillazione, sospensione, o in una visione del nostro immaginario che dilata il nostro sentire, in un tocco improvviso dall’esterno che ci altera la percezione del corpo, tutti questi momenti possono finire per dare quella sensazione che genera internamente il silenzio, il vuoto, il buio. Come quando ci sorprendiamo, o scopriamo qualcosa di cui non eravamo a conoscenza, come quando ci apriamo alla scoperta e a un nuovo sentire. Qualcuno va in estasi per il piacere di sentire il vuoto, ad altri fa paura.
Ugualmente il buio ed il silenzio.
Questi tre elementi, buio vuoto e silenzio, ci aiutano a parlare di quei fenomeni che nella nostra vita appartengono al mondo del non manifesto/a e di cui non conosciamo il reale potenziale.
Quel mondo in cui si collocano altri elementi come lo spazio, elemento a cui non siamo soliti porre attenzione ma che si trova ovunque attorno a noi.
Esporci a queste dimensioni ha un potere incredibile, ci mette in relazione con i nostri sensi in maniera amplificata e insolita permettendoci di conoscere modalità percettive altre.
In questo senso la pratica del silenzio insieme alla pratica della danza hanno il potenziale di farci accedere realmente a questa esperienze alternative. Si amplificano i sensi e l’ascolto e tutto ciò che in noi, e al di fuori di noi, prende vita trasformandosi di conseguenza. L’espressione del sé si fa più vera, la calma del silenzio informa le nostre danze che si nutrono di un sentire rilassato e aperto, all’ascolto di ogni direzione. Le forze entrano ed escono con armonia, ci attraversano dissipandosi e ammortizzandosi consapevolmente, senza trovarci collassati ma rilassati e pronti a sostenere l’imprevisto.